Cresce la tendenza a investire fuori dai propri territori nazionali da parte degli operatori economici. Come spiega Girolamo Abbatescianni.
Autore |
Studio Legale Abbatescianni |
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Data di pubblicazione |
02/11/2009
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Estratto da "Il Giornale"
Edizione del 22 ottobre 2009
In un’economia globalizzata come quella attuale l’esigenza di dar vita a un sistema di regole internazionali ben definite nel campo del commercio si fa sempre più pressante . Appare infatti evidente come per regolare i traffici nei diversi Paesi stranieri ormai non sia più sufficiente fare riferimento solo alla lex mercatoria, cioè al quel sistema di convenzioni e prassi private adottate dagli operatori commerciali nel corso dei secoli. A livello europeo, ad esempio, da più parti oggi si auspica una reale e concreta integrazione giuridica al fine di garantire una tutela contrattualistica di carattere comunitario. Un’impresa che, secondo l’avvocato Girolamo Abbatescianni (nella foto) uno dei massimi esperti italiani in diritto commerciale internazionale appare, però, piuttosto difficile da ottenere. Sotto il profilo fiscale quali sono gli aspetti di maggiore complessità che gli investitori all’estero devono tenere presenti? “Gli Stati hanno mantenuto una loro autonomia nel sottoporre l’investimento in capitale a una maggiore o minore tassazione, tuttavia in materia, specialmente in riferimento al diritto societario, si può tranquillamente affermare che non esistono particolari problemi in ambito europeo. Se invece si prendono in considerazione gli investimenti in capitale nel campo extraeuropeo, qui le maggiori problematiche sono dovute da un lato dalla scarsa possibilità di conoscere una serie di istituti in materia e dall’altro dalla presenza di diversi livelli di protezione degli investimenti nei singoli Paesi. Per questi motivi è necessario che tutte le volte in cui un esportatore italiano va in uno di questi Paesi, si ponga la domanda se quel Paese abbia firmato un trattato in Italia sulla protezione degli investimenti” Quali sono oggi i Paesi che più tutelano gli investimenti delle imprese italiane all’estero? “Più che alle aree geografiche guarderei alla protezione che viene garantita a questi investimenti sulla base di regole internazionali, in tal senso farei riferimento a un trattato internazionale elaborato in ambito europeo per consentire investimenti nei Paesi ex socialisti e finalizzato a un migliore sfruttamento delle risorse energetiche presenti nei loro territori. Questo modello ha funzionato talmente bene che adesso si sta espandendo in Asia, mentre Cina, India e anche Sud America vi guardano con interesse. Se dovesse essere adottato anche da questi Paesi darebbe una protezione fortissima all’investitore che ha interessi nel campo energetico visto che tale convenzione prevede la protezione da parte di un tribunale arbitrale e un insieme di efficaci regole cui si deve attenere lo Stato che ospita l’investimento. E’ uno strumento che ha una forte potenzialità perché teoricamente si può applicare in modo automatico anche laddove vi sia stata la firma senza ratifica.”