Proroga dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza: in stand by le nuove procedure d’allerta
Proroga dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza: in stand by le nuove procedure d’allerta
L’entrata in vigore del nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, di cui al D.L. n. 14 del 12 gennaio 2019 (di seguito il “Codice”), è stata rinviata all’ 1 settembre 2021. Così ha previsto il Governo con il recente D.L. dell’8 aprile 2020 n. 23 (c.d. decreto Liquidità), pubblicato in G.U. in data 9 aprile 2020, nell’ambito delle misure urgenti di supporto alle imprese per mitigare gli effetti della crisi economica causata dall’emergenza sanitaria COVID-19.
Il rinvio appare quanto mai opportuno in considerazione delle ragioni che hanno ispirato il nuovo Codice, teso, tra l’altro, a fornire alle imprese gli strumenti necessari per far emergere tempestivamente e quindi gestire in maniera efficiente la crisi in un contesto di stabilità dell’economia, che però l’emergenza sta seriamente compromettendo.
In questo contesto, il sistema delle c.d. misure di allerta e di composizione della crisi (applicabili a tutte le imprese fatta eccezione alle grandi imprese e ai gruppi di rilevante dimensione) costituisce una delle novità più rilevanti della riforma: il sistema è pensato per consentire all’organo amministrativo (e di controllo) di rilevare e gestire eventuali situazioni di crisi il prima possibile, evitando che il ritardo nella rilevazione ne comporti l’aggravamento o la trasformazione in insolvenza irreversibile, compromettendo così la possibilità di attuare efficienti processi di ristrutturazione.
Le procedure di allerta possono dare origine a due distinte fasi, una c.d. “interna” ed una “esterna”.
Propedeutici alla fase interna di allerta sono gli obblighi imposti alle imprese di dotarsi di sistemi informativi e, più in generale, di modelli organizzativi che consentano di controllare e gestire i flussi di cassa, il budget e il piano d’impresa al fine di rilevare quanto prima gli eventuali segnali della crisi e così permettere al management di impostare strategie tese al riequilibrio economico, patrimoniale e/o finanziario, anche tramite l’adozione, ove opportuno e/o necessario, dei c.d. strumenti per il superamento della crisi (i.e. il piano attestato, l’accodo di ristrutturazione, il concordato preventivo e, in ultima istanza, il fallimento, rinominato nel Codice “liquidazione giudiziale”).
Così dispone il nuovo art. 2086 c.c. (già in vigore dal 16 marzo 2019) che prevede in capo agli imprenditori l’obbligo di “istituire un asseto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
Gli organi amministrativi e di controllo societario devono, in altre parole, essere già in condizione di monitorare e rilevare - efficacemente e tempestivamente - i segnali della crisi (alcuni individuati dal Codice stesso e altri da definirsi e/o da aggiornare a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) ed in particolare “gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua del esercizio al momento de la valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi. A questi fini sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.” (art. 13, comma 1, del Codice, la cui entrata in vigore è prorogata all’1 settembre 2021).
Più specificamente nell’ambito della procedura di allerta c.d. interna, il Codice prevede, da un lato, obblighi a carico degli organi di controllo (sindaci e revisore) di segnalare agli amministratori eventuali situazioni di crisi e, dall’altro, analogo obbligo a carico dei c.d. creditori qualificati (i.e. l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e l’agente della riscossione) di segnalare al debitore eventuali esposizioni di importo rilevante ritenute indice di crisi (art. 15 comma 1, del Codice); in entrambi i casi la chiara finalità è quella di sollecitare gli amministratori ad adoperarsi tempestivamente per il superamento dello stato di crisi.
Una volta rilevata la crisi, anche a seguito di eventuale segnalazione da parte degli organi di controllo, l’organo amministrativo dovrà - entro un congruo termine - riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese, fermo restando che in caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, gli organi di controllo saranno tenuti ad informare il c.d. Organismo di Composizione della Crisi (OCRI), costituito presso ciascuna Camera di Commercio. Non dissimile disciplina si applica alle eventuali segnalazioni da parte dei creditori c.d. qualificati.
Con la segnalazione all’OCRI si apre la fase c.d. “esterna” di composizione della crisi che prevede, tra l’altro, la formazione di un collegio di tre esperti (iscritti nell’albo istituito presso il Ministero della Giustizia) di fronte al quale il debitore dovrà comparire, entro quindici giorni, per un’audizione riservata. A valle dell’audizione, il collegio, può non ritenere sussistente lo stato di crisi, e quindi archiviare il procedimento, ovvero supportare il debitore nell’individuazione delle possibili misure per porvi rimedio, fissando il termine entro il quale il debitore medesimo dovrà riferire in merito alla loro attuazione e fermo restando che, permanendo lo stato di crisi, il debitore potrà presentare istanza di composizione assistita della crisi.
Come detto, il Codice e le misure di allerta e composizione della crisi sopra brevemente descritte sono stati pensati per operare nell’ambito di un sistema economico sostanzialmente stabile in cui le criticità di impresa non sono generali e diffuse. Al contrario, in una situazione di emergenza come quella determinata dalla pandemia COVID-19, in cui la quasi totalità dell’economia mondiale è in crisi, queste misure non possono costituire valide “cartine di tornasole” per intercettare quelle imprese che siano effettivamente in uno stato di crisi strutturale, finendo, invece, per generare effetti diametralmente opposti, e potenzialmente sfavorevoli, a quelli per cui sono state elaborate. Nella situazione che si è venuta a creare è infatti ragionevole concludere che la maggior parte delle imprese operanti sul territorio italiano stiano affrontando una, sebbene più o meno accentuata, situazione di crisi.
Da ultimo non si dimentichi che,in un sistema economico in crisi a causa di eventi di natura straordinaria,appare certamente preferibile (come illustrato anche dalla Relazione al citato D.L.) che le imprese che purtroppo dovranno accedervi, nonostante le misure finanziarie messe a loro disposizione dal Governo, facciano ricorso a mezzi e procedure concorsuali (e non) già conosciute e studiate, piuttosto che a strumenti nuovi e non ancora applicati, quali quelli previsti dal Codice.
Restiamo dunque in attesa dell’1 settembre 2021 (salvo ulteriori proroghe) per l’applicazione delle procedure e della normativa prevista dal nuovo Codice della crisi, in attesa dei quali imprenditori, management e organi di controllo continueranno a monitorare la sussistenza (o meno) della continuità aziendale in modo da potere agire tempestivamente.
Per la disamina delle misure adottate dal Governo con riferimento alle procedure concorsuali in essere, si rinvia all’articolo della collega Avv. Elisa Patti (link).
Si resta a disposizione per qualsiasi chiarimento sui temi trattati.
Avv. Francesca D’Amico – Partner Abbatescianni e Associati Studio Legale e Tributario - fdamico@abbatescianni.eu